lunedì 28 luglio 2014

. DENTRO UNO SBADIGLIO .

Tempo di lettura: una piccola coda alla cassa 'max 10 pezzi' del supermercato.

Ricordo perfettamente quando partì.

Ero seduta sul divano, i miei piedi non arrivavano ancora a toccare per terra. La testa era appoggiata sulla spalla della nonna -il suo vestito verde messo mille volte ma indossato sempre con l'insicurezza lieve di una prima volta- i miei occhi pesanti, le sue mani rovinate dalla candeggina intente ad accarezzarmi la testa.
Improvvisamente spalancai la porta ad uno sbadiglio. E lui mi scappò.

Andò a posarsi sulla bocca della nonna che non fece nessuna resistenza: arricciò un poco il naso, strizzò gli occhi e sbadigliò a sua volta.
Fu la prima ad essere contagiata.
Si girò verso il nonno: lo sbadiglio volò rapido fino a lui che, colto di sorpresa mentre si infilava il cappotto, cercò di resistergli. Inspirò dal naso, l'aria gli dilatò le narici ed iniziò a solleticargli l'esofago mentre tutti e due gli occhi erano in preda ai lucciconi.
Fu una dura lotta che finì con il nonno sbadigliante davanti alla porta di casa.
Di lì passava il signor Zecchetti che nella vita faceva il fabbro, aveva una moglie ed un merlo indiano e non desiderava niente di più, se non un bicchiere di vino rosso quando c'era da festeggiare qualcosa di buono o da dimenticare una tristezza. Praticamente tutti i giorni.
Lo sbadiglio gli si appiccicò in faccia e, per una manciata di secondi, gli stravolse la bocca.
Graziella, la proprietaria del negozio di fiori 'FiorDiPoesia' non poté fare a meno di notarlo e di pensare che per la sua cafonaggine il signor Zecchetti si sarebbe meritato un bel mazzo di garofani bianchi, che nel linguaggio dei fiori significano 'sdegno'. Poi sbadigliò. Ma con la mano davanti alla bocca.
In quel momento Marco, il ragazzo delle consegne, stava caricando sulla sua Uno verde bottiglia il mazzo di tulipani rossi e gialli che Giacomo gli aveva chiesto di recapitare ad Adele Ferri al Gate numero 5 dell'aeroporto.
'Fai più in fretta che puoi!', lo aveva pregato Giacomo che indossava una vocina ansiosa ed un completo gessato che con quella vocina faceva a botte.
'Dichiarazione d'amore' e 'amore disperato' stavano ora appoggiati, avvolti dentro a della carta crespa viola, sul sedile del passeggero della Uno verde bottiglia. Marco si mise al volante e alzò gli occhi verso la vetrina del negozio della signora Graziella, per assicurarsi di poter partire. Fu in quell'istante che lo sbadiglio trovò un varco tra i due, e passò. Marco lo espulse in macchina e lo sbadiglio si trovò a rimbalzare senza pace tra il cruscotto, i finestrini, i sedili ed il clacson.
Solo quando il ragazzo delle consegne arrivò in aeroporto ed aprì la portiera, fu libero di uscire.
Si fece strada lungo una fila di Giapponesi, conquistò le labbra di Amanda -siliconata soubrette tutta curve di una tv privata marchigiana- rimbalzò sulla dentiera di un'anziana tutta curva e basta, andò in bagno con Giorgio, preparò un caffè macchiato - in tazza grande - tiepida - con latte a parte - e caffè doppio insieme ad Anna e s'imbarcò sul volo per Zadar insieme a Natalia.

Gli anni passavano, lo sbadiglio continuava a viaggiare.

Ascoltò le canzoni che il mare aveva voglia di cantare abbracciato ad Igor e suo figlio, arrivò ad Atene con Irina, mendicò qualche moneta con il cane di Zazì, si appoggiò sulla nuca di Rafaela mentre Jerome le si addormentava contro, stringendola a cucchiaio.
Mise il bigliettino 'basta guerra' nel muro del pianto insieme alla piccola Ruth ed alla sua mamma, maledì un treno in ritardo insieme alle fossette di Mohammed, aspettò il tramonto su una chaise longue a Phuket e, quando vide il mare tingersi di arancione, pianse insieme a Ludovica.
Vide la pagoda costruita in cima alla Golden Rock, fece scorpacciate di ostriche di Marennes-Olèron, prese il tram 28 a Lisbona, si sposò ubriaco a Las Vegas, si addormentò dentro ad un sacco a pelo sulle cascate d'Ouzoud, annusò l'India e poi, tutto d'un tratto, decise che aveva visto abbastanza.
E che sarebbe tornato indietro.

Immagino che lo farà a cavallo di una bocca che mi ama.
Lo immagino così, accoccolato su una bocca che avrà saputo vegliare sul mio sonno nelle notti senza luna, notti in cui a cadere non ci sono stelle ma incubi. Una bocca che avrà concluso litigi con i baci. Sarà quella bocca ad aprire per l'ultima volta la porta del mio sbadiglio.
Lascerò che mi contagi, le mie guance e la mia fronte si tenderanno.
Lo sbadiglio disegnerà sul mio viso tutto il mondo che ha visto.
Tutte le bocche che l'hanno ospitato me le farò raccontare, tutte le lingue che ha parlato me le farò insegnare.
Poi, silenziosamente, dopo avere respirato tutta quella vita, butterò fuori la mia.
E richiuderò la porta da cui era scappato, per sempre.