lunedì 28 luglio 2014

. DENTRO UNO SBADIGLIO .

Tempo di lettura: una piccola coda alla cassa 'max 10 pezzi' del supermercato.

Ricordo perfettamente quando partì.

Ero seduta sul divano, i miei piedi non arrivavano ancora a toccare per terra. La testa era appoggiata sulla spalla della nonna -il suo vestito verde messo mille volte ma indossato sempre con l'insicurezza lieve di una prima volta- i miei occhi pesanti, le sue mani rovinate dalla candeggina intente ad accarezzarmi la testa.
Improvvisamente spalancai la porta ad uno sbadiglio. E lui mi scappò.

Andò a posarsi sulla bocca della nonna che non fece nessuna resistenza: arricciò un poco il naso, strizzò gli occhi e sbadigliò a sua volta.
Fu la prima ad essere contagiata.
Si girò verso il nonno: lo sbadiglio volò rapido fino a lui che, colto di sorpresa mentre si infilava il cappotto, cercò di resistergli. Inspirò dal naso, l'aria gli dilatò le narici ed iniziò a solleticargli l'esofago mentre tutti e due gli occhi erano in preda ai lucciconi.
Fu una dura lotta che finì con il nonno sbadigliante davanti alla porta di casa.
Di lì passava il signor Zecchetti che nella vita faceva il fabbro, aveva una moglie ed un merlo indiano e non desiderava niente di più, se non un bicchiere di vino rosso quando c'era da festeggiare qualcosa di buono o da dimenticare una tristezza. Praticamente tutti i giorni.
Lo sbadiglio gli si appiccicò in faccia e, per una manciata di secondi, gli stravolse la bocca.
Graziella, la proprietaria del negozio di fiori 'FiorDiPoesia' non poté fare a meno di notarlo e di pensare che per la sua cafonaggine il signor Zecchetti si sarebbe meritato un bel mazzo di garofani bianchi, che nel linguaggio dei fiori significano 'sdegno'. Poi sbadigliò. Ma con la mano davanti alla bocca.
In quel momento Marco, il ragazzo delle consegne, stava caricando sulla sua Uno verde bottiglia il mazzo di tulipani rossi e gialli che Giacomo gli aveva chiesto di recapitare ad Adele Ferri al Gate numero 5 dell'aeroporto.
'Fai più in fretta che puoi!', lo aveva pregato Giacomo che indossava una vocina ansiosa ed un completo gessato che con quella vocina faceva a botte.
'Dichiarazione d'amore' e 'amore disperato' stavano ora appoggiati, avvolti dentro a della carta crespa viola, sul sedile del passeggero della Uno verde bottiglia. Marco si mise al volante e alzò gli occhi verso la vetrina del negozio della signora Graziella, per assicurarsi di poter partire. Fu in quell'istante che lo sbadiglio trovò un varco tra i due, e passò. Marco lo espulse in macchina e lo sbadiglio si trovò a rimbalzare senza pace tra il cruscotto, i finestrini, i sedili ed il clacson.
Solo quando il ragazzo delle consegne arrivò in aeroporto ed aprì la portiera, fu libero di uscire.
Si fece strada lungo una fila di Giapponesi, conquistò le labbra di Amanda -siliconata soubrette tutta curve di una tv privata marchigiana- rimbalzò sulla dentiera di un'anziana tutta curva e basta, andò in bagno con Giorgio, preparò un caffè macchiato - in tazza grande - tiepida - con latte a parte - e caffè doppio insieme ad Anna e s'imbarcò sul volo per Zadar insieme a Natalia.

Gli anni passavano, lo sbadiglio continuava a viaggiare.

Ascoltò le canzoni che il mare aveva voglia di cantare abbracciato ad Igor e suo figlio, arrivò ad Atene con Irina, mendicò qualche moneta con il cane di Zazì, si appoggiò sulla nuca di Rafaela mentre Jerome le si addormentava contro, stringendola a cucchiaio.
Mise il bigliettino 'basta guerra' nel muro del pianto insieme alla piccola Ruth ed alla sua mamma, maledì un treno in ritardo insieme alle fossette di Mohammed, aspettò il tramonto su una chaise longue a Phuket e, quando vide il mare tingersi di arancione, pianse insieme a Ludovica.
Vide la pagoda costruita in cima alla Golden Rock, fece scorpacciate di ostriche di Marennes-Olèron, prese il tram 28 a Lisbona, si sposò ubriaco a Las Vegas, si addormentò dentro ad un sacco a pelo sulle cascate d'Ouzoud, annusò l'India e poi, tutto d'un tratto, decise che aveva visto abbastanza.
E che sarebbe tornato indietro.

Immagino che lo farà a cavallo di una bocca che mi ama.
Lo immagino così, accoccolato su una bocca che avrà saputo vegliare sul mio sonno nelle notti senza luna, notti in cui a cadere non ci sono stelle ma incubi. Una bocca che avrà concluso litigi con i baci. Sarà quella bocca ad aprire per l'ultima volta la porta del mio sbadiglio.
Lascerò che mi contagi, le mie guance e la mia fronte si tenderanno.
Lo sbadiglio disegnerà sul mio viso tutto il mondo che ha visto.
Tutte le bocche che l'hanno ospitato me le farò raccontare, tutte le lingue che ha parlato me le farò insegnare.
Poi, silenziosamente, dopo avere respirato tutta quella vita, butterò fuori la mia.
E richiuderò la porta da cui era scappato, per sempre.

























martedì 3 giugno 2014

. SUL SET DI UN FILM PORNO, NEL 2064 .

Tempo di lettura: mezzo Calippo.

'Truccatemi la vecchia!'
Due omoni di colore -nudi ma con la cravatta, come userà quell'anno- verranno a prendermi, mi solleveranno e mi porteranno di peso su una comodissima sedia girevole di pelle bianca posizionata davanti ad uno specchio.
Per ringraziarli della loro gentilezza mi verrà spontaneo fargli un sorriso.

'Che vacca.'
'Pornodiva professionista, che vuoi farci.' commenteranno andandosene.

Gli guarderò il dildo a forma di coda di cavallo piantato tra le natiche.
Ne avrò viste di code nelle chiappe nella mia vita, a quel punto. Nonostante questo mi ritroverò a pensare che non riuscirò mai a farci l'abitudine.
Mi sistemerò il foulard e la crocchia di capelli bianchi guardandomi allo specchio; seguirò le rughe con un dito cercando di ricordare per ognuna l'emozione che l'aveva partorita.
'Quelle intorno agli occhi vanno all'insù: risate. Tantissime risate. Questa mi divide la fronte a metà: perdita, distacco. E poi tutte le cose che ho pensato ma che non ho mai avuto il coraggio di dire. A Dario, per esempio. Era tanto che non pensavo più a lui....' Sorriderò. 'Questa intorno alle labbra, invece..'
La truccatrice entrerà all'improvviso, sventolandomi in faccia i suoi paracapezzoli di pailettes.
'Scusi. Sta ripassando la parte?'
'No cara, stai tranquilla, stavo solo pensando a voce alta.'
'Mettiamo le cose in chiaro. Preferirei che tra noi ci fosse un rapporto professionale', mi dirà serissima leccando un'amarena che avrà tirato fuori da chissà dove.
'Non mi chiami con nomignoli da film porno, 'cara' a me non piace, non sono una sua collega. Io sono una persona rispettabile. Usi il mio nome vero e solo quello. Dirty Sanchez.'
'Certo, come vuoi tu Dirty. Io sono Annalisa, piacere.' Lo dirò allungando la mano verso di lei e sbaglierò ancora una volta. Non imparerò mai che la gentilezza è diventata un tabù.
Dirty farà finta di niente ma capirò da come tirerà su nervosamente le due strisce di coca dalla mensola di fronte allo specchio di non andarle a genio.
Mi chiederà se voglio favorire, le dirò di no -che ho la mia personale da anni- e tirerò fuori una confezione di borotalco dalla borsa nera coi manici che fu della mia mamma. Annuserò, le narici si riempiranno di buono e di pulito e la testa viaggerà alla velocità della luce nei ricordi, dall'infanzia fino al presente.
Che viaggio mi farò.
Dirty mi guarderà e poi sussurrerà piano, verso il pavimento: 'cazzo, che fattona.'
Un po' di cipria, qualche spruzzo di lacca, un velo di burrocacao e sarò pronta. La costumista mi porterà lo scialle di lana e la responsabile della mensa una tazza di brodo con le stelline. Entrambe nude, entrambe dandosi appuntamento all'orgia di lavoro di quella sera, entrambe parlando con quella voce senza emozioni che avranno tutti, nel 2064.
Tutti tranne gli attori porno.

Guarderò fuori dalla finestra. Vedrò persone nude camminare per la strada.
Non un sorriso, non un saluto, mai uno scambio. Le teste chine a guardare sui tablet.
Vedrò vigili sculacciare pedoni beccati a passare col rosso. E anche col verde.
Sui cartelloni attaccati ai palazzi, modelle semivestite ammiccheranno a chi avrà ancora i muscoli del collo abbastanza forti per guardare in alto.

'Portatemi la vecchia!'

Gli omoni CodaNelleChiappeMuniti mi posizioneranno su una sedia a dondolo al centro del set.
'E' bellissima', dirò tutta emozionata, che nel 2064 non sarà mica facile vedere una sedia a dondolo.
A quel punto faranno entrare il mio partner. Ci guarderemo fissi, le dentiere a masticare aria ed incredulità, finché io dirò: 'Dario! Sei proprio tu?'
'Lisa! Anche tu qui... è.. è... incredibile.'
'E' l'unico modo che ho per continuare ad essere me stessa. E per non perdermi, là fuori.'
'Idem. Che bello rivederti...'
Ci abbracceremo forte, tutti commossi.
'Buttate una secchiata d'acqua fredda sugli attori!, sono già al petting ma le macchine non sono partite! Brutti pervertiti maniaci dell'amore!', protesterà il regista.
 'Motore', 'Partito!', 'Parliamo d'amore per ore, prima!', 'Eeee, azione!'

Parleremo davvero per ore ricordando quando le persone si facevano i regali per il compleanno. Quando un 'grazie' aveva un significato e non era considerato robaccia oscena, quando si sorrideva a qualcuno su un pullman, quello ricambiava e tu pensavi che la vita non è male, anzi. Parleremo di  noi stessi dei tempi migliori. Il mare, te lo ricordi? Secchielli, palette e la sabbia nel costume, che ancora si usava. I risvegli allegri, quelli tristi, i litigi e la pace. Il tempo insieme, i cappotti in inverno e non il latex, la lontananza, i morsi sul collo -patisci ancora se ti toccano l'ombelico? Le risate, gli affanni, l'amore più grande che c'è. Non te l'avevo mai detto e mi è venuta questa ruga qua. Ora te lo dico e sono felice. Anch'io sono felice. Abbracciami.

Ci addormenteremo così, mischiando emozioni, impastando ricordi, tenendoci per mano.
E sarà l'ultima volta che ci addormenteremo. Girando un film porno, nel 2064.

'Professionisti del proibito. Avete sentito come hanno parlato d'amore 'sti zozzi? Pazzesco, ci credo che ci hanno lasciato le penne. Chissà come fanno. Faremo il boom delle vendite con 'sto filmetto.' commenterà il regista prima di gridare: 'Studio libero!'.
























mercoledì 28 maggio 2014

. AL SUPERMERCATO .

Tempo di lettura: il recupero dell'eurino dal carrello a fine spesa.

'Mi fa passare per favore?, ho solo 2 pezzi...' dirà sventolandomi sotto il naso l'Amuchina e il Panbauletto.
Minchia, la colazione dei campioni: un po' di Amuchina sul pane e via andare. Puliti dentro, belli fuori, penserò ridacchiando come un'idiota.
Poi le risponderò sorridendo che: ci mancherebbe, certo, passi pure.

'Visto che è così gentile, ne approfitterei anch'io. Ho solo questo e molta fretta", dirà una signora con la voce paracula da usignolo della Disney mostrandomi una confezione di salamini unti.
Sorriderò, ma meno rispetto a prima, sperando che lei se ne accorga e si senta un po' in colpa.

'Vieni Beppe!, la signora è gentile e ci fa passare' urlerà l'usignola verso un pallets di Fonzies dove, a rimirarli fisso fisso, ci sarà un ragazzino obeso coi capelli unti come i salamini, la faccia inespressiva come i salamini e, tra le mani, altre confezioni di salamini, scorte di merendine e pacchi formato famiglia di bibite gassate.
'Ho preso anche questi che io ho fame', sbiascicherà l'unto.
'Ha fame', dirà l'usignola guardandomi e sfoggiando un sorriso più paraculo della voce.
'Eh, se ha fame...', dirò io immaginandomeli fare rafting senza gommone.

Quando finalmente toccherà a me, la cassiera coi capelli tinti e l'eye liner pesante mi urlerà nella faccia: 'Questa cassa è chiusa!'
'Nooo, la prego, ho poche cose...'
'Questa cassa è chiusa!', ripeterà inesorabile.
Probabilmente sa dire solo quella frase.
Mi partirà un film nella testa:
'Amore ti amo anche se ti dai l'eye liner dimmerda... Sposami.'
'Questa cassa è chiusa!'

Cambierò cassa, mi rimetterò in fila.
Quando mancherà una sola persona alla meta, una bottiglia d'olio uscita da chissà quale carrello farà un triplo carpiato andando a schiantarsi sul nastro trasportare della cassa in cui io sono in fila.
'Questa cassa è chiusa!'
Cazzo, le hanno addestrate. Non una risata, non un "vaffanculoporcamerdaoliobastardo", niente.

'Il mondo è invaso da locuste radioattive, solo lei, Super Cassiera, ci può salvare!'
'Questa cassa è chiusa!'

Mi sposterò, farò un'altra coda e quando finalmente starò per appoggiare la mozzarella di bufala sul nastro sentirò un tocco lieve sulla spalla. L'usignola.
'Meno male che ho incontrato di nuovo lei che so che è taaaanto gentile. Il mio piccolo Beppe non è sazio e se lui si sente malnutrito diventa un incubo, punta i piedi e non si muove, vado di frettissima, mi fa ripassare? Ho solo questa!' e, mentre tenterà di superarmi da destra, mi mostrerà una forma di Gorgonzola.
'No'.
'... Scusi?...', dirà con voce da usignolo ferito e paraculissimo.
'Ho detto no. Adesso è il mio turno. Sono entrata qua dentro che probabilmente Beppe aveva ancora i denti da latte. Sempre che li abbia mai avuti, magari se li è mangiati appena spuntati. Adesso è il suo turno aspettare, io ho già aspettato abbastanza. Echecazzo.'
'Maleducata! Cafona! Insulta me e mio figlio, ma come si permette?'
'Sapesse quante ne vedo io, signora, di stronze così', dirà la cassiera all'usignola, dimostrando di avere notevoli proprietà di linguaggio a dispetto di ciò che pensassi.
'I giovani sono tutti uguali. Maleducata! Si dovrebbe vergognare! C'è un bambino fuori  che muore di fame. E magari è pure negro e povero!', mi dirà un'anziana che sicuramente guarda Studio Aperto.

Tutta la gente del supermercato insorgerà. Avranno tutti qualcosa da dire contro di me o contro quello che io rappresento per ognuno di loro. Giovane, piddina, grillina, cafona, bionda, secca, anziana, insensibile, debosciata, portatrice di jeans.
Urleranno, mi lanceranno l'insalata e il pesce col ghiaccio.
Poi la cassiera, quella con l'eye liner, si avvicinerà sprezzante e mi punterà il lettore di codice a barre contro la tempia.
Il tempo di un beep e di me resterà solo un € 9.99 sul display della cassa.












martedì 27 maggio 2014

. NEL LETTO .

Tempo di lettura: 6 respiri.

Mi chinerò piano piano, senza fare rumore, guarderò sotto il letto per essere sicura che non ci siano mostri.
Non ce ne saranno.

Sposterò le lenzuola a pallini, mi coricherò, leggerò qualche pagina e spegnerò la lampada quando sentirò gli occhi pesanti. Avrò pensieri orribili sul giorno dopo e pensieri divertenti sul giorno prima, inizierò nella testa un sogno di occhi e di baci sperando di continuare a sognarlo una volta addormentata.
Mi abbandonerò.

Improvvisamente una mano solleverà la coperta e ci sarà luce.
Due occhi enormi mi guarderanno, terrorizzati loro, terrorizzata io.
Una voce urlerà impazzita: "C'è! C'è! Il mostro sotto il letto, è qui!"

Frenesia.

Mi chinerò di nuovo, disperata, a cercare
senza però nulla trovare

"Ma di che mostro parlate voi giganti! Sotto il letto è vuoto, sono io da sola, col mio sogno di amanti!"

Vedrò piedi grandi arrivare, altri occhi chinarsi a guardare
mani enormi volermi afferrare.
Mi coprirò col lenzuolo
ringhierò per non farmi toccare

"Sentilo il mostro che ringhio che fa! Uccidilo, papà!"

Un'espadrillas puzzona mi schiaccerà.



























domenica 25 maggio 2014

. IN UNA CABINA ELETTORALE .

Tempo di lettura: una caramella gommosa masticata poco.

Sarà tutta colpa della matita: quando vedo una matita, devo disegnare.
La testa cercherà invano di fermare la mano ed io inizierò a sudare.
"Sei in una fottutissima cabina elettorale, devi solo fare una crocetta!", dirà Testa.
"Ma perché fare una banale crocetta quando posso disegnare qualcosa di carino? Qualcosa che poi gli scrutatori diranno: toh che grazioso, una pecorella che bruca! 'Sto tizio, chiunque sia, mi ha svoltato la giornata", risponderà Mano.
"Se proprio vuoi disegnare qualcosa, disegna un cazzo. Non passa mai di moda il cazzo sulla scheda elettorale!"
"Uhhh, un cazzo, forte! Farò un bel cazzone!"
Mano comincerà a disegnare un testicolo ma Mente la fermerà.
"Aspetta! E se ci fossero più cazzi che crocette? Se tutti disegnassero cazzi per davvero? Sui social network lo scrivono da giorni. Magari 'stasera esce un disegno di legge che dice che il cazzo inizia a valere come crocetta e tu, disegnando un cazzone, voteresti automaticamente per Belluscone!"
Gocce di sudore grandi come fave circonderanno le mie tempie.
"Santamerda, no. Faccio un cazzino. Piccolo."
"See, brava. Così sembra che voti per Penzi, la fotocopia giovane del cazzone."
Dalle mie ascelle inizierà a piovere.
"Ne faccio tantissimi, tutti diversi e arrabbiati."
"E così voti i Pen di Stelle."
"Ne faccio uno stilizzato!"
"Xzipraxz!"
La maglietta a quel punto sarà madida ed io inizierò a strizzarla. Una piccola pozza si formerà davanti ai miei piedi.
"Ci sono! Disegno solo i coglioni!"
"Bega nord."
"Solo i peli?"
"Nerdi per l'Europa."
"Evabbé, ma non se ne esce..."
Le gambe inizieranno a tremare e ci sarà sudore, sudore dappertutto.
Sarà lì che bocca parlerà.
"Se non credi più a niente, se non credi in niente, se niente è importante, se tanto niente cambia, se niente è il tuo futuro, se un bel niente è il posto in cui vuoi stare, allora stacci."
Occhi piangeranno, mischiando lacrime ad acqua e sudore, io mi scioglierò e il pavimento m'inghiottirà.
La matita cadrà a terra ed una scrutatrice verrà a chiedere "va tutto bene?".
Non sentendo risposta aprirà la tendina, allarmata, ed allarmata griderà.
"Che è successo, che c'è, che hai?!" diranno in coro gli altri.
"Ero convinta che qua dentro ci fosse una persona. Invece non c'è un bel niente."







sabato 24 maggio 2014

. VICINO AD UN CEDRO DEL LIBANO .

*Tempo di lettura: un caffè macchiato ed un biscotto.

Accadrà un sabato pomeriggio di una mezza stagione.

Avrò la schiena appoggiata contro un imponente cedro del Libano, un libro in mano e la mente persa nelle sue pagine, tra madonne in velluto e principi che tagliano teste con la stessa facilità con cui io, in passato, ho tagliato ponti.

Sarò felice di essere finalmente lì.
Il vento farà suonare alle foglie del cedro la mia canzone preferita ed io saprò con certezza di essere nel posto giusto, seppure con qualche anno di ritardo.
Resistere al destino per tutta la vita è un'impresa da sciocchi, che il destino mica invecchia e gli viene l'alzheimer. Col passare degli anni forse si stringe un po' di misura ma continua ad amarti anche quando gli giri le spalle, resta tuo anche se lo tradisci. Ti rincorre, ti abbraccia, ti schiaffeggia, ti segue in silenzio e ti urla in faccia. Alla fine tanto vale abbandonarcisi, leccando il destino che ti rimane per il tempo che ti resta, sperando sia abbastanza per riuscire a sentire in gola l'effetto che fa.
Per questo quel sabato pomeriggio io sarò seduta sotto quel cedro.

Lui spunterà da dietro un cespuglio, ma non all'improvviso.
Prima sentirò un rantolo sommesso, poi vedrò le sue orecchie, il naso, i baffi, i denti.
Mi renderò conto che era proprio come l'avevo immaginato, però vecchio. Verrà verso di me saltando piano sulle zampe stanche; faticosamente estrarrà l'orologio dal taschino, lo guarderà, mi guarderà e dirà: "Sei in ritardo."

"Lo so Bianconiglio ma c'era traffico in tangenziale. C'eraTrenitalia e lo sai che quando cerchi un parcheggio non lo trovi mai. C'era Facebook, pieno di troll, e c'erano i centri commerciali, pieni di troll pure loro. E c'era la scelta di Katiusciah dalla De Filippi. Tu te la saresti persa? Ci andrò domani da Bianco -mi dicevo- ma domani c'erano i figli e le vacanze al mare con la varicella, c'era l'Ikea, c'erano i matrimoni e i nipotini, i funerali e c'era pure che avevo un po' di paura e mi sembrava assurdo. Ma adesso sto qua" gli dirò, cercando di essere il più convincente possibile mentre punterò i piedi gonfi contro le radici del cedro nel tentativo di alzare quei due zamponi cellulitici che avrò al posto delle gambe.
"E c'erano pure i Crispy McBacon, eh", dirà, facendomi segno di seguirlo.
Mi verrà voglia di mandarlo a quel paese ma non lo farò. Non puoi mica fanculizzare così un coniglio bianco che ti aspetta da più di 60 anni.

Trascinerò la mia pancia da crociera, la schiena coi bubu e tutti i miei pensieri fino al buco che mi porterà tra le meraviglie, senza emettere nemmeno un lamento. Percorrerò dignitosamente quei 20 metri che separano il cedro del Libano dalla tana del Bianconiglio.

"Ci siamo. In ritardo ma ci siamo. Si va.". Mi farà anche un mezzo sorriso prima di sparire nel buco.
Eccolo: è il destino che mi resta. Lo sentirò scivolarmi addosso, lo sentirò nella gola e se avrò il coraggio di provare a parlare, sentirò la mia voce diversa.
Sarò felice di riabbracciare il destino dopo una vita serena ma in affanno, passata a cercare meraviglie tra le macerie. Convincendomi pure di averne trovate.
Sarò così felice che mi butterò nel buco di testa, senza prima considerarne il diametro.
Sarò così felice che quando mi scoprirò incastrata -l'enorme culone fuori, luna piena di cellulite e crateri a buccia d'arancia- riderò fino alle lacrime.

"Tagliatele la testa!" sentirò gridare in lontananza.
Riderò e continuerò a ridere quando vedrò i soldati-carta venirmi incontro, decrepiti pure loro.
Chissà quanto ci metteranno.


















giovedì 22 maggio 2014

. SULLA LUNA .


Quella notte mia figlia, tenendomi tra le braccia -che la vita, alla fine, è solo un capoverso- mi chiederà di raccontarle ancora una volta la fiaba con cui la facevo addormentare quando era piccina.
"Ma ormai sei grande, ti addormenti da sola. O con il Valium e il Tavor", le risponderò.
Perché sarò idiota anche allora.
Lei riderà e si farà insistente, le fossette spremute in un sorriso grande.
Bella senza sapere di esserlo, quindi bellissima.

"Ma minchia, figlia mia, la sai a memoria. C'è questo topo che si convince che la luna è fatta di formaggio e allora, dopo mille peripezie, ci va."
"Mamma, raccontala bene, senza parolacce e con le vocine. Come facevi una volta. Mi piace come la dici."
"..."
Sarà lì che capirò di avere fatto un buon lavoro, dopo tutto.
Che a fare la mamma nessuno te lo insegna. Segui i venti che ti scorrono nelle vene e solo quelli.
Scirocco, bora, libeccio gonfiano e sgonfiano le vele. E tu vai, fai, brighi e molte volte mica capisci.
Porto sicuro, mare in burrasca, la mamma.

Mi schiarirò la voce, le farò segno di passarmi un po' d'acqua e, approfittando del suo girarsi verso il comodino, cercherò di capire una volta per tutte che diavolo di tatuaggio si è fatta fare dietro il collo.
Arricciando il naso, spingendo dei grossi occhiali immaginari con l'indice contro la fronte, comincerò a dire, con vocina piccina: "Secondo i miei studi la luna è fatta di formaggio ma quaggiù nessuno mi crede. Si continua a morire di fame, litighiamo per chi deve mangiare l'alluminio del Philadelphia, prendiamo a sassate i manifesti del Parmareggio solo perché nessuno ha il coraggio di andare sulla luna a vedere di persona. La luna è un enorme formaggio e io lo dimostrerò!"
Le racconterò del coraggio di quel topino piccino e della rana scontrosa con la voce gracchiante che gli insegnò, inutilmente, a saltare.
Farò la voce roca e con accento emiliano del padrone del circo che insegnerà al topino ad andare su trampoli enormi ma sempre troppo piccoli per riuscire nell'impresa.

E poi le racconterò di quello scienziato un po' pazzo che aiutò il topino a costruire un razzo per andare sulla luna. Mimerò uno squillo di tromba e, se la voce malandata e vecchia me lo permetterà, glielo farò anche sentire.
Toglierò il lenzuolo dal letto, solennemente, facendo attenzione alle flebo e ai tulipani sul comodino, e lei lo vedrà.
Lei vedrà il razzo che il suo babbo mi ha costruito per andare sulla luna.
Capirà subito, forse mi chiederà di potere venire ma "No!", le dirò.
Ci abbracceremo e lo specchio dell'armadietto color carta da zucchero che sta davanti a noi rifletterà su quanto siamo uguali io e mia figlia.
Cercherò l'accendino nella sua borsa di cuoio -tanto lo so che fuma- e accenderò la miccia che mi farà partire. Un ultimo saluto, un bacio lanciato e il letto-razzo partirà.
Fuori dalla finestra aperta, in viaggio verso la luna, le urlerò: "è bello, credimi! Bellissimo. Ti amo! Amo pure il babbo ma a lui l'ho già detto, ora è a casa che guarda col binocolo!". Sì, credo che le urlerò così.
Poi sparirò.
Certo, dovrà inventarsi qualcosa da dire al primario e alle infermiere. Ma mia figlia sarà una ragazza immagina, qualcosa lo inventerà.

Nelle notti di luna piena sarò l'ombra nera disegnata sulla sua superficie rotonda, accanto a quella del topino.
Ci rivedrà entrambi.










martedì 15 aprile 2014

Di come tutto nasce. Muore. E rimane (E del perché questo BLOG si chiama così)

Riempio il piatto di pane spezzettato, lo appiattisco con le mani perché non esca dai bordi.
Poi verso il brodo, non troppo caldo, e ci metto sopra il formaggio. Lo faccio senza pensare. Solo dopo penso che quelli sono gesti del nonno, che sopravvivono in me. 

Mi fermo. Rido. Mangio.